Qui inizia la storia di un uomo che non è un supereroe.
Gianni Nuvola
Ma non è neanche un uomo normale
L’incredibile Gianni Nuvola si è svegliato stamattina alle 8:06. Non è un tipo metodico, né tantomeno scaramantico. Semplicemente è un uomo che vuol sentirsi padrone di quel minuto. Quindi mette la sveglia a tutti orari strani: 5:52; 7:27; 6:34. Eccoli tutti i suoi orari. Tutti suoi!
Subito si alza, sblocca il telefono dalla modalità aereo. Va al bagno.
Avete mai notato di come il telefono si trovi sorprendentemente e sistematicamente in un luogo così distante dal tragitto letto-bagno?
(O il nostro cervello omette grandi particolari prima della pisciata mattutina oppure il telefono gode di una vita propria durante gli stati di dormiveglia del padrone. Fenomeno da indagare)
L’incredibile Gianni Nuvola non è un uomo come tutti gli altri. No.
Lui fa colazione col caffè. E questo non è eccezionale. E qualche volta prende una fetta biscottata con una marmellata qualsiasi della quale non si degna neanche di decifrare il gusto. E neanche questo è eccezionale.
Però la colazione gli piace tanto. E questo lo rende un uomo particolarmente felice in quel momento. E tanto basta per non sentirsi un uomo come tutti gli altri.
Pensa di vivere al meglio questa quarantena. Non la soffre. La sta dominando. Totalmente.
L’incredibile Gianni Nuvola ora ha in mano il suo caffè. Guarda di fuori. Tutto tace.
Si riesce a sentire il silenzio del paese; quello sempre coperto dalle macchine e da altro clangore non ben identificabile.
Molto probabilmente si sta affezionando a quel silenzio.
Molto probabilmente sa che questo silenzio oggi sta gridando tutte le attenzioni di cui avrà bisogno quando tutto questo sarà finito.
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 1)
Sì, era arrivata l’ora. L’ora di andare a lavoro. L’incredibile Gianni Nuvola non voleva essere come quegli sciatti che, siccome lavoravano da casa, si potevano sentire legittimati a connettersi in felpa, in maglione di pile o, nei casi più estremi, in pigiama.
No. Gianni era uno di quelli che si vestiva non in base alle convenzioni del luogo, ma in base all’occasione. E l’occasione rimaneva la stessa.
Quindi: sopra camicia nera e, sotto, calzoncini della divisa di calcio del campionato esordienti.
Ah, certo. Ora vi dico il perché. L’incredibile Gianni Nuvola ha sempre pensato che farsi veder vestiti bene è una delicata forma di rispetto, non un dovere. Ma anche sentirsi a proprio agio è un rispetto nei confronti di noi stessi. Quindi quei pantaloncini erano per lui. La camicia per gli altri.
“Ma perché abbiamo iniziato a utilizzare l’espressione ’smart working’?” Pensava.
“Non è mica necessariamente più intelligente lavorare da casa…”
L’incredibile Gianni Nuvola da sempre odiava il dover descrivere la furbizia, l’intelligenza e l’idea di modernità con i vocaboli inglesi. Lui da molto tempo lavorava da casa. Ma mai si era immaginato più intelligente di chi non poteva godere di questa facilitazione logistica.
In realtà lui, la parola ‘smart’, la abbinava a qualcosa di piccolo, di ridotto, di semplificato o, addirittura, di semplice. “Smarties” – aveva in mente – “sono piccole caramelle dal colore diverso ma tutte dello stesso gusto”.
Forse per gli inglesi tutto ciò che è intelligente deve essere anche semplificato e, forse, piccolo.
Sì, forse quella parola era troppo semplificata e piccola.
Forse Gianni non voleva utilizzare una piccola parola per racchiudere tutti i suoi pensieri e dubbi sulla sua condizione lavorativa.
E forse è per questo che tutti trascurano il bel vestito quando si connettono con lui in videoconferenza.
L’incredibile Gianni Nuvola accese il pc.
Oggi ha deciso che “lavorerà da casa” o, al limite, “da remoto”.
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 2)
Quando riesci a ricordarti molti dettagli di quello che leggi, quasi tutti penseranno che hai letto davvero tanti libri.
In realtà l’incredibile Gianni Nuvola non leggeva molto, ma si ricordava praticamente tutto. Piluccava di qua e di là, tra argomenti vari, per avere sempre qualcosa da dire. Matematica, scienza, letteratura, politica, medicina. Pensava che la maggior parte delle persone sprechi davvero molto tempo a leggere compulsivamente, pur non ricordandosi nulla. Davvero uno spreco borghese d’energie e tempo.
Nono, non pensarlo neppure! Non avrebbe mai voluto passare per uno di quei “tuttologi da tastiera”…no!
A lui piaceva solo avere un punto di appoggio su cui formarsi un suo personale pensiero critico su ciò che accadeva nel mondo. Era una sua esigenza personale.
Posso anche dirti che Gianni odia Linux.
Ah, non ti interessava saperlo?
Invece è un fatto importante; ascolta. Lo odia perché si è sentito tradito da quell’idea dell’informatica che, specialmente oggi, risulta proprio inservibile. Fuori dal tempo.
“Tu non devi lavorare per una macchina: è la macchina che dovrebbe lavorare per te!” Gli ripeteva la vocina immaginaria dentro la sua testa. Vocina che lui aveva sempre attribuito al vecchio assistente di Microsoft Word. Mica la banale graffetta, ma Einstein!
“Eccomi! Sono l’idea della macchina al tuo servizio. Gianni, sono io! Mica quel pinguino spocchioso e dal design approssimativo!”
Molto probabilmente quel ricordo a 256 colori aveva ragione.
….
(Squilla il telefono)
…
“No, in quarantena no. Non adesso…” Pensava l’incredibile Gianni Nuvola.
Era preoccupato, perché non era il suo telefono a squillare, e neanche quello del lavoro. Ma quello dell’”altro lavoro”.
….
(Lo squillo del telefono si fa più intenso)
…
Gianni prese il Motorola StarTAC nero, con impaurita compostezza. Tutto quello che comportava quella chiamata sarebbe stato sicuramente un salto nel vuoto.
…
“Qui Operativo-17”
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 3)
“Operativo-17,
Questo messaggio proviene direttamente dal Comando Centrale.
Tutti gli Operativi ed i Controller di altissimo rango, con matricola compresa tra 10 e 20, sono chiamati a rispondere a questo appello straordinario.
Controller-2, come sapete, è impegnato da tutto il suo servizio alla redazione del “Fascicolo Torvald”. Gli Operativi Massimi (OM numero 3, 4, 5, 6 e 8) a cui il fascicolo era stato affidato si trovano attualmente in grave pericolo di vita, ricoverati nell’ala riservata della clinica privata del comando. Causa: grave crisi polmonare, classificata ufficialmente come complicazione da caso Covid-19.
Data la totale fiducia che riponiamo nei nostri OM coinvolti (visti gli anni di impeccabile servizio, il loro rispetto d’applicazione dei protocolli igienici e data anche la loro collazione spaziale), sospettiamo che dietro la loro malattia, sopraggiunta simultaneamente, non ci sia una correlazione con delle cause naturali. Sospettiamo invece si tratti di un attacco diretto alla nostra attività. C-2 ipotizza che questo attacco sia riconducibile alle attività legate al “Fascicolo Torvald”.
La testimonianza dell’OM-7, unico membro della squadra con condizione di salute stabile, conferma la fondatezza delle ipotesi di C-2.
Un messaggio gemello sarà inviato al vostro Controller di riferimento.Per la sicurezza e la riservatezza di questa comunicazione, vi preghiamo di attivare il protocollo di tutela.
I love the monkey head”
…
La chiamata si chiuse, come da prassi, senza congedi di sorta.
E Gianni, O-17, come guidato da un istinto antico e mai abbandonato, sostituì la batteria anteriore del suo telefonino per attivare il solito, semplice quanto geniale, protocollo di tutela.
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 4)
Il tempo di far riaccendere lo StarTac, comporre il numero e attendere il giusto.
“Sì. Qui C-17”
“Qui O-17. I love the …”
“…monkey head”
…
La voce di C-17 era sempre la stessa. Ma ‘migliorata’ dal progresso della rete telefonica. Sembrava un ventenne, sin dai primissimi anni ’90. Il suo eloquio era semplice, diretto e conciso. La sua pronuncia della lingua inglese pessima ma, come tutti gli informatici dello scorso secolo, ne padroneggiava il lessico alla perfezione. A volte si lasciava andare al termine démodé e goffamente ricercato. L’incredibile Gianni Nuvola non sapeva nulla di lui (a causa del segreto professionale). Presumeva una residenza italiana, semplicemente per il prefisso che era abituato a comporre prima delle chiamate. Ma questo non escludeva l’adozione di un sistema di deviazione di chiamata. Ah, però non aveva dubbi che C-17 fosse uomo.
Sai, è proprio una sensazione strana quella di lavorare “fianco a fianco” con una persona da quasi 30 anni e conoscerne solo il tono di voce. Certo, Gianni ne conosceva alla perfezione le capacità progettuali, deduttive e ne apprezzava i limiti. C-17 era come un’estensione della sua personalità, ma in forma virtuale. La persona capace di dar forma al suo pensiero laterale. Formavano una coppia perfetta, a detta dei Controller e Operativi Massimi.
D’un tratto alla mente di Gianni affiorò un ricordo.
Davvero…è impressionante quanti piccoli dettagli riusciamo a ricordarci! Non pensi?
Era ad una piccola festa di paese, l’incredibile Gianni Nuvola era in fila per un piatto di golosi rigatoni conditi con un sugo tipico che gli abitanti del posto chiamavano “de lo vatte”. Il sugo si chiamava così , penso, in riferimento al periodo della trebbiatura dei campi…
Ma non divaghiamo. Quello tra la folla era un giovane, sulla trentina. Stava scegliendo un libro della collana de “Il Battello a vapore”, serie bianca. Forse per suo figlio? Forse per un nipote? Non si compra mai un libro per uno sconosciuto, specialmente bambino…
Si scambiarono degli sguardi complici, disillusi da quella paura di aver sbagliato persona o dalla consapevolezza di aver incontrato un caro amico che non può più ricordarsi di noi.
O-17 e C-17 in uno stesso luogo, casualmente?
Non poteva essere.
Non sapeva bene perché, ma Gianni aveva più volte immaginato gli occhi di C-17 a partire dal suo tono di voce. Non capita spesso anche a voi di immaginare il vostro interlocutore al telefono, per poi scoprire che ci avete preso in pieno?
Questo è il fascino dell’impossibilità: a volte le cose impossibili possono anche accadere.
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 5)
Forse abbiamo troppo accelerato con i plot twist (che poi sarebbe meglio chiamare ‘colpi di scena’…). Hai ragione, ti chiedo scusa.
Fammi una domanda qualsiasi: sarò felice di rispondere.
“Perché si chiama ‘L’incredibile Gianni Nuvola’, dici?”
Ah, ma certo! Questa sì che è una bella storia! Beh, in realtà è bella perché non è niente di particolare…una cosetta semplice. Però, dai, è caratteristica!
Sai, spesso la storia dei soprannomi è meno interessante dei soprannomi stessi. Si pensa che dietro un soprannome possa esserci una serata da leoni, un record personale, un superpotere, un’impresa epica…Invece, spesso, deriva da una battuta di qualche amico, magari un bullo, che ti rimane appiccicata addosso tutta la vita, senza un gran perché. Funziona come un battesimo tra deficienti.
L’incredibile Gianni Nuvola, che all’epoca era solo Gianni Nuvola, nato nel lontano 7 ottobre del 1972, era un ragazzo come tutti gli altri. Sicuramente molto più creativo della media delle persone creative. E, come tutte le persone creative, aveva le sue strategie per esorcizzare la realtà e la noia.
Lui aveva un intercalare: “Incredibile”
…
“Sai, oggi ho mangiato un panino buonissimo!”
E lui: “Incredibile!”
“Gianni, mi ha lasciato la ragazza…”
E Gianni: “Incredibile…”
“In America hanno creato una cosa fighissima che si chiama Internet!”
E lui, con un tono di voce sempre nuovo: “Incredibile!!!
…
”Beh, Gianni Nuvola è divenuto “l’incredibile” per questa cosa qui. So che non è niente di che, magari ti aspettavi di più. Ma comunque è la sua storia.
Ora torniamo però alla vera storia…
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 6)
“O-17, ho degli ordini precisi riguardo il fascicolo Torvald e, sinceramente, non mi piacciono”
“Ah, bene. Di solito sei tu l’ottimista della squadra…”
“La pensavo una storia morta e sepolta ma, a quanto sembra, dovremmo ravanare ancora un poco nello sterco”
“Sei sempre elegante nelle analogie”
“Ho imparato dal migliore”
“Touché”
“Il fascicolo Torvald, pur essendo ancora un work in progress, contiene nomi di soggetti e segmenti di pubblico che hanno avuto un ruolo chiave nello sviluppo e diffusione delle fake news su livello nazionale. Come puoi immaginare dal fascicolo hanno avuto accesso al nostro lavoro del 2008. Naturalmente, subito, C-2 e C-3 sono corsi a controllare Gaybrash. Purtroppo hanno identificato una chiara anomalia nel suo codice. Non corrispondeva al nostro algoritmo originale! Siamo stati sabotati O-17, e facilmente abbiamo subìto questo attacco dall’interno del Comando Centrale.”
“Dio santissimo…”
La testa di Gianni improvvisamente si trovava bombardata dai ricordi e dalle ipotesi. Non avrebbero mai dovuto creare l’algoritmo.
Subito il suo pensiero laterale:
“era più semplice due decenni fa….Una notizia falsa veniva smontata anche solo per il fatto di chiamarsi così, ‘notizia falsa’. Nei peggiori dei casi le si potevano chiamare ‘stronzate’, ‘baggianate’, ‘puttanate’, ‘merdate’, ‘puzzonate’ o ‘immonde falsità’ (A dir la verità questa non l’ho mai sentita pronunciare, però fa veramente figo).”
L’incredibile Gianni Nuvola ricordava ancora la prima volta in cui sentì l’espressione “fake news”; e proprio dalla voce di C-17 . Lui, come molti informatici, utilizzava i termini stranieri senza improvvisare la tradizione. Per ragioni pratiche, non critiche. Per loro una parola straniera è semplicemente un oggetto da usare. Gli informatici leggono come scrivono (specialmente se sono abituati a lavorare col codice sorgente) e scrivono come leggono. Eh sì, perché un informatico non si occupa di comunicazione… altrimenti i Controller non avrebbero mai lavorato in coppia con gli Operativi!
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 7)
Terminata la chiamata con C-17 arrivò l’ora di pranzo. L’incredibile Gianni Nuvola viveva solo, seppur aveva da sempre voluto farsi una famiglia. Amava cucinare, perché era l’occasione perfetta per sentire il pensiero trasformarsi in azione e, subito, in sensazione fisica. Questo accade in particolar modo quando si è alle prese con un piatto dalla cucina tradizionale: i piatti tipici non sono generalmente complicati ma sono, sempre, particolarmente complessi. I ‘Piatti della Nonna’: l’Italiano è proprio una lingua meravigliosamente complessa!
Pensò di prepararsi le polpette, anche se non era sabato sera (lui le polpette le mangiava solitamente il sabato sera). Era un rituale strano. Prima creava le polpette (gli piacevano di dimensioni molto diverse tra loro, così da poter apprezzarne le micro differenze di cottura tra l’una e l’altra), poi le appoggiava nel piatto con abbondante sugo rosso (Sugo rosso che non è poi il ragù; il ragù è, boh…diciamo…marrone).
Poi le sminuzzava tutte nel piatto, prima di metterle in bocca. Lo faceva perché voleva sottolineare che non era la stessa cosa che mangiarsi la carne macinata cotta nel sugo.
Mangiare le polpette così faceva parte di quei piccoli piaceri che non si possono descrivere. E non saper descrivere un piacere è il piacere più grande per chi, per lavoro, descrive.
Così era per gli gnocchi: prima di metterli in bocca ne schiacciava uno a uno con la forchetta.
E così per il pane: non mangiava mai mollica e crosta insieme.
Cercò di immaginare la prima persona nella storia che aveva avuto l’idea di cucinare le polpette:
Sicuramente era una donna e, facilmente, una donna vissuta diverso tempo prima dell’invenzione della ruota.
La capacità d’astrazione è importante: guardando oltre il materiale e la funzione specifica dei singoli oggetti, avremmo quindi potuto scoprire molto prima la ruota. Magari oggi potevamo già teletrasportarci…
Sarebbe bello poter intuire lo sviluppo della nostra civiltà attraverso le cose che mangiamo.
Le polpette erano finite, ma l’incredibile Gianni Nuvola aveva ancora fame.
Aprì la dispensa, prese una scatoletta di tonno (al naturale) e la poggiò sul tavolo e l’aprì.
Guardò il tonno dentro la scatoletta.
Sorrise
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 9)
4%
…
Il download di Gaybrash era iniziato.
Nell’angolo alto dello studio era apparsa qualche chiazza di muffa. Si doveva pulire presto.
L’incredibile Gianni Nuvola era di quelli che pagava l’affitto. Anche se, data la sua sostanziale sedentarietà, sapeva da sempre che avrebbe potuto permettersi l’acquisto di un immobile. Dopotutto, tra il lavoro e il servizio a Comando Centrale, aveva uno stipendio da fare invidia a molti. Anzi, per il suo stipendio si sentiva costantemente in colpa. Non è giusto che il denaro condizioni amicizie, abitudini, conoscenze e, persino, amori.
Una volta Gianni regalò un palloncino a una ragazza, forse il suo più grande amore. Era un palloncino bianco, con un laccetto per legarlo al polso come fanno i bimbi e le bimbe.
Un palloncino è una cosa importante. Ti abitua a pensare che tutto ha un tempo e che sei tu, per primo, che devi prenderti cura di questo tempo fragile. Non devi lasciartelo sfuggire e devi proteggerlo dal vento, delicatamente.
A volte immaginava che tutto il suo mondo fosse fatto di “palloncini”:
Qualcuno aveva soffiato tempo e lavoro dentro i sui suoi sussidiari colorati delle elementari, dentro i dizionari, agli alanti e i libri, per farli esistere e per permettergli di studiare.
Qualcuno aveva legato alla sua vita le sue foto per non far volar via il palloncino della memoria.
Altri si erano presi cura della leggerezza e della fragilità delle amicizie; cercando di curarne anche l’abbinamento di colori, per poter star meglio insieme.
Il mondo dei palloncini dell’incredibile Gianni Nuvola era un mondo più giusto, perché si manifestava nella sua fragile bellezza.
Ah, riguardo la ragazza…
Beh, lei si dimenticò di quel palloncino bianco e lo lasciò al pub (ordinarono 2 birre ambrate, un fishburger, un baconburgher, anelli di cipolla, patatine e una cheesecake alla nutella, che si son divisi in due, e un caffè corretto al Varnelli) e, il giorno dopo, lo chiamò ridendo:
“Mi piace quando fai l’infantile”
…
Sai, anche i fiori ti abituano a prenderti cura della fragilità del mondo, ma fa ancora più male sacrificare qualcosa di vivo per degli esseri umani che sono e rimarranno emotivamente morti.
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 10)
A questo punto la storia si fa un po’ complicata.
Ti spiegherò perché Gianni e C-17, di cui in realtà neanche io non conosco il nome, sono così preoccupati per il loro algoritmo contenuto nel fascicolo Torvald.
Gaybrash, così si chiamava il potente algoritmo, era il progetto più segreto a cui lavorava il Comando centrale dal 1995. E Gaybrash era, non a caso, un’idea dell’incredibile Gianni Nuvola. Naturalmente era stato scritto e testato magistralmente da C-17, utilizzando una combinazione avveniristica di due nuovissimi linguaggi di programmazione (Java e LiveScript). Ma l’idea era di Gianni. Gianni aveva sempre pensato ai computer come a qualcosa che potessero aiutare veramente l’uomo; e i computer non dovevano confondere o creare dei problemi nuovi alle persone. In particolare, siccome sapeva del grande pericolo dell’informazione indiscriminata, pensava che i computer potessero essere d’aiuto per filtrare automaticamente la validità delle notizie. L’idea era semplice quanto geniale: sfruttare i tag degli articoli di cronaca, scientifici e un incrocio con i dati della pubblica amministrazione (a cui avevano avuto accesso, legalmente, tramite un contratto geniale, sfruttando una falla dell’articolo 21). Così per qualsiasi notizia, ricerca o comunicazione si poteva ricostruire, indirettamente, l’attendibilità della fonte. Praticamente funzionava come un filtro anti-spam o anti-phishing ma, invece che bloccare pubblicità e inganni, Gaybrash filtrava la verità di una notizia
…
Verde = attendibile
Arancione = mancanza di fonti
Rosso = non attendibile
…
Gaybrash funzionava, apparentemente, alla perfezione. Ma l’algoritmo era troppo potente. Subito fu schedato come “potenziale violazione dei diritti di libertà, oblio e libera comunicazione”. Per l’incredibile Gianni Nuvola fu una grande lezione:
La libertà è qualcosa che va difesa con la testimonianza diretta, non con la censura. Sono i limiti con etici con cui la tecnologia va continuamente ad impattare.
Gaybrash, l’algoritmo più complesso e protetto dal Comando Centrale, si ritrovò ad essere contro lo statuto etico dei Controller e degli Operativi.
E da Gaybrash la squadra 17 doveva ripartire.
Però…non sarebbe davvero utile avere una macchina della verità per capire, veramente, il mondo del web?
Non credi anche tu?
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 11)
Il Comando Centrale, a differenza di quello che si poteva pensare, era un casale sperduto nella campagna umbra. Eh…quelle strutture segrete megagalattiche si vedono solo nei film americani! Tutti sappiamo che un posto segreto deve, anzitutto, essere “segreto”. E essere piccolo aiuta.
Ti stai chiedendo perché in Umbria? Beh, semplicemente perché è al centro dell’Italia.
Solo gli Operativi Massimi erano a conoscenza del comando centrale, neanche i Controller massimi potevano entrarci, eccezione fatta per C-1. La trovata di quel casolare era, a dir la verità, proprio sua. Ed era lui che si occupava della manutenzione. Non era un informatico geniale, ma sicuramente era uno dei sistemisti (si chiama così chi provvede a curare fisicamente la configurazione fisica della macchina) più dotati che mai possiate incontrare.
C-1 restaurò il casolare con cura. Adorava il legno di quercia e lo stile rustico. Non so perché, ma nessun’altra persona pensa di abbinare l’informatica ad uno stile rustico. Lui lo adorava. Per essere un uomo di informatica aveva uno spiccatissimo senso estetico. Cosa più unica che rara…
C-1 era un tipo bizzarro, e indossava sempre una maschera di Topolino. Anche O-1 indossava sempre una maschera, ma di Iron Man (classici vezzi da nerd).Il vecchio fienile era la parte tecnologicamente più avanzata: conteneva i server.
Non sembra esserci nulla di strambo in una scelta così dimessa del Comando Centrale: d’altronde erano soliti sentirsi telefonicamente e lavoravano al computer.E il fascicolo Torvald era lì; in un cassetto della scrivania di C-1. Quel fascicolo non era mai passato per il server. Dentro un semplice plico arancione; di quelli dei commercialisti.
Al fascicolo erano corredati prima dei floppy, poi dei cd, poi dvd, poi chiavette USB (prima pronunciate proprio così “usb”. Solo dopo qualche anno tutti le conobbero come ‘iu-es-bi’…). Ora erano dentro un hard disk ssd (vedi, stranissimo, anche questo ora si pronuncia ‘esse-esse-ddì’…).
Questo significava solo una cosa. L’alterazione di Gaybrash era avvenuta dall’interno di quel casolare. E il cerchio si stringeva terribilmente intorno pochissime persone.
E l’incredibile Gianni Nuvola?
Ecco, non ci siamo dimenticati di lui. Gianni, dopo il suo buon pranzo, si distese sul suo divano letto e decise di aprire un canale Telegram (https://t.me/gianni_nuvola)
Era stufo di tutti qui gruppi WhatsApp, con gli stessi video virali che si ripetevano di gruppo in gruppo, circondati da emoticon.
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 12)
Da quando era piccolo, l’incredibile Gianni Nuvola, amava rintracciare i “tipi fissi”. Quelle figure che, un po’ lombrosianamente, comparivano ricorrenti tra gli amici, i conoscenti e la società. Secondo la sua idea, ogni gruppo aveva i suoi tipi, che si ripetevano, più o meno uguali, in tutti i gruppi sociali.
C’era “l’ingegnere” (quello che rispondeva a ogni cosa, senza riuscire a capirne il sarcasmo o l’ironia, precisando laddove non richiesto), “il lenone” (il ruffiano, spesso animato da sentimenti negativi, molto egoista), “il bassista” (l’individuo più buono e intelligente del mondo, che preferisce sparire invece che creare dissapori) poi “la sacicciara”, “l’imbecille”, “il parassita”, “la cagna”…
Beh… spesso, quando si ragiona per tipi fissi, si vanno a descrivere dei tratti non troppo lodevoli delle persone. Il risultato è che ci si costruisce una mappa mentale altamente negativa. Però è anche vero che son tutte forme per esorcizzare e sorridere su una realtà che troppe volte risulta terribile.
E poi, quanto può esser difficile vivere in un mondo in cui non sia contemplata e capita l’ironia?Un mondo di “ingegneri” (non quelli veri eh, ma quelli dell’incredibile Gianni Nuvola).
Che peso avrebbe vivere in un mondo in cui ogni parola pesa soltanto come quella parola? In cui un’immagine può essere descritta solo con una presunta oggettività…
Ah, ecco! A Gianni venne ora in mente ora la sua classificazione del mondo di internet che, una volta, avevano stilato scherzosamente con C-17. Era talmente bella che non voleva andasse persa.
Ecco cosa condividerò sul mio canale Telegram (https://t.me/gianni_nuvola).
“I pensieri che non vorrei andassero persi!”
Sì, sarebbe bello scrivere un racconto fatto da riflessioni strambe. Inventando tutto, ma disseminando fatti reali ovunque. Sì, e perché non chiamarlo “L’incredibile Gianni Nuvola?”
Geniale
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 13)
Le coppie del Comando Centrale erano articolate in numeri progressivi. E avevano delle caratteristiche particolari. O-9 e C-9 erano gli esperti di phishing. La squadra 12 era il punto di riferimento per i furti d’identità. La 4 intercettazioni telefoniche. La 2 lettere minatorie. Una delle più curiose era la coppia C-7 e O-7. Sì, loro si occupavano di “porno”.
Il porno si divide in due grandi categorie: l’industria del porno regolare e quello che chiamavano il “porno occulto”. Il porno occulto viene impiegato per rubare dati, finanziare la criminalità e, sopratutto, sostenere la lobby del fitness, dei cuochi e quella della chirurgia estetica.
Non ci avevi mai pensato? Queste lobby sono oggi tra le più influenti e pericolose.
Il loro spettro d’’influenza è stato allargato a dismisura e, gratuitamente, con la comparsa dei social network. Sono gli utenti stessi, inconsapevolemnte, a sponsorizzare le loro attività sottobanco. Tutto per una proiezione della vita, piccolissima (dato lo schermo-tipo degli smartphone), incentrata sull’immagine.
Hanno trasformato i cuochi in delle star (Un po’ come accogliere le lasagne della nonna con una ola chiedendole un autografo…).
Si è smesso di fare sport di squadra per concentrarsi sulla crescita muscolare da esibire (e pensare che venivamo dalla soddisfazione di far segnare, all’amico grassottello e imbranato, quel goal, all’ultimo minuto, che faceva vincere tutta la squadra. E potevi ricordare quel momento per tutta la vita…).
I chirurghi estetici sono diventati gli uomini più desiderati da amare.
“A quanto pare loro hanno sempre un età che oscilla tra i 43 e i 48 anni.” – diceva caustico O-7 – “Poi svaniscono o, probabilmente, cambiano identità. Sembrano sempre molto giovani, spesso camuffando la loro età con quello che si chiama ‘l’effetto figlia/fidanzata’. Ti fanno dire: ‘ma quella è la figlia o la fidanzata?’”
Non sappiamo che voce e che suoni abbia tutto questo, quale sia il suo profumo, la sua energia, ma il cerchio (cultura visiva-insiddisfazione-fitness-chirurgia estetica-porno-alimentazione) si chiude perfettamente.
La squadra 7, anche per ragioni anagrafiche, non riusciva più ad avere un controllo totale del “porno occulto”. Quindi arruolarono la squadra 20 e la concentrarono solo su Instagram, Facebook, Tinder, Wechat e Tik Tok. Facilmente C-20 e O-20 erano due ragazzini di 18 anni, ma operavano bene.
Ma torniamo all’incredibile Gianni Nuvola…
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 14)
L’incredibile Gianni Nuvola odiava chi infarciva il discorso di riferimenti letterari. Come se non si potesse dire qualcosa di profondo senza citare Dostoevskij, Kafka, Dante, Calvino.
Ogni riferimento, spesso, sembra nascondere un rimprovero, un biasimo o, ancor peggio, una “distanza emotiva”.
“eh, eh, eh, caro mio…peccato tu non abbia mai letto le Operette Morali di Leopardi…”
“Non so come tu riesca a essere felice senza aver conosciuto l’opera di Caproni”
“Oibò, questo fatto il buon D’annunzio non l’avrebbe mai tollerato…”
“Ieri non ho potuto fare a meno di leggere il terzo capitolo dei promessi sposi. Quanti insegnamenti!”
La letteratura (specialmente la “classica”), secondo Gianni, non rappresenta bene la nostra vita. Anzi. Capita più spesso che noi vogliamo far somigliare la nostra vita a lei.
(Scusate, ma spesso l’incredibile Gianni Nuvola si arrovella in pensieri complessi).
Ma l’atto di scrivere è sempre un atto comunicativo che ci mette in contatto con qualcuno. Quindi, perché far pesare all’altro ciò che ha letto e ciò che non ha letto?
Perché nasconderci dietro una citazione?
Perché non riusciamo veramente a esporci, così, senza filtri?
“Hai detto una cazzata”
“Ti odio”
“Ti voglio bene”
“Sono molto preoccupato”
“Ho paura di perderti”
Che bello poter essere sempre così, senza sovrastrutture che tutelino il tuo status e la tua persona. La tua vita che scorre da te all’altro attraverso le parole. Non parole che scorrono nella tua vita.
…
100% -> Download di Gaybrash terminato
…
Eh sì, lo so che lo stai pensando anche tu: i flussi di coscienza, in stile Joyce, sono bellissimi. Ti fanno ricordare del tempo liquido, come la società di Bauman.
“Tempus fugit”…era Virgilio?
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 15)
“Benvenuto in Gaybrash”
…
Il programma si avviava da sempre con quella voce (per essere un sintetizzatore vocale riusciva a risultare davvero suadente). Poi anche il logo, accarezzato da quel luccichio di pixel, risultava sempre molto gradevole per il gusto dell’incredibile Gianni Nuvola. Certo, erano passati un po’ di anni e gli serviva sicuramente una rinfrescata, ma il vintage digitale gode sempre di quel fascino che ha distinto un’epoca.
C-17 era contrario alla creazione di un’interfaccia per l’algoritmo: la reputava inutile, ridondante e, sopratutto, secondo lui appesantiva il codice.
“Sai perché Linux è più veloce? Perché ci installi solo ciò che ti serve.”
“Quindi, perché io arrivo sempre prima di te quando lavoro col mio Mac?”
Era uno scambio che ripetevano spesso nei momenti di impasse. Perché sapevano che entrambi avevano ragione. E ci ridevano su.
Gianni capiva il punto di vista da programmatore del suo compagno. Però, allo stesso tempo, credeva che l’innovazione più grande fatta dall’informatica non era mai avvenuta nella scrittura dei codici, ma quando qualcuno si è deciso di mettere le “macchine” al servizio delle persone.Cosa te ne fai di un codice veloce se è la persona stessa a perdere tempo per far funzionare una macchina?
E C-17 obiettava: “Cosa ci fai di un logo, uno schema sonoro, una palette di colori, se il programma non deve essere acquistato da nessuno?”
Questo era anche vero, ma a Gianni servivano colori, suoni e disposizioni spaziali per pensare al meglio. Per ragionare su un processo. Per far somigliare un processo a ciò che aveva in testa.
“E A SPORT” – disse, come posseduto da un demone imbecille – “Non è un marchio di videogiochi, ma è una sensazione. E la senti sulla punta delle dita, nella pancia. Ti si imprime nella memoria. Ti lecca il cervello. E non te la dimentichi più. Ti ci leghi perché non impari a memoria qualcosa, ma vivi qualcosa”
…
C-17 non capiva, ma si fidava del suo compagno. E così crearono, lavorando a 4 mani, l’unico algoritmo, segreto, ma graficamente curato nei dettagli dell’interfaccia. Il primo di questo genere che il mondo avesse mai ricordato.
“Hey, O-17. Immagina se i programmi potessero avere degli odori…”
“Perché? Tu pensi che non li abbiano già?”
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 16)
Quando l’incredibile Gianni Nuvola parlava con C-17 pensava, tutte le volte, a una cosa. Sempre alla stessa.
“Al mondo c’è chi sa spiegare le cose e chi non le sa spiegare”
Un aspetto, in effetti, molto bistrattato e sottovalutato. Non significa “essere buoni o cattivi maestri”, ma semplicemente “saper spiegare qualcosa”. Che praticamente, consiste nel dare parole a come abbiamo pensato qualcosa, a come l’abbiamo fatto, a come funziona qualcosa, a come ci si può sentire e via discorrendo.
Saper spiegare qualcosa è un processo molto complesso; anzitutto perché non è un’operazione unidirezionale. Si spiega sempre a qualcuno. Non può esistere l’operazione dello “spiegare” così, in assoluto. Non è un tutorial (che, tar l’altro, è anche una brutta parola).
Quindi bisogna anche avere una forte empatia con l’altro (capire al volo il suo punto di vista, se sue sensazioni, le sue difficoltà, i suoi interessi, i suoi punti forti).
Il bello è che, di solito, chi sa ben spiegare non è una persona particolarmente dotata in quello che spiega. O, meglio, è spesso una persona che ha incontrato molte difficoltà nell’apprenderla. Difficoltà di vario genere.
Raramente una persona estremamente dotata in qualcosa è anche un bravo “spiegatore” (anche questa è una brutta parola, ma tant’è).
Chi ha fatto difficoltà nell’apprendere qualcosa ne conosce i tempi problematici, i dolori, le delusioni. Ricorda a memoria tutti gli insegnamenti preziosi che gli son stati dati. Ricorda quella persona che, quando si voleva mollare tutto, ci ha creduto. Ha creduto in noi.
Sì: uno che sa spiegare le cose è anche uno che crede in noi.
C-17 era un talento dell’informatica. L’incredibile Gianni Nuvola era uno che aveva imparato a capire l’informatica. Quest’aspetto completava la forza della coppia.
…
“Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”
“Eh sì, C-17. Quello di non saper fare penso sia il più grande dono per un bravo insegnante”
“Basta però saperlo ammetere, O-17”
“Touché”
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 17)
Era una delle giornate in cui proprio non riusciva a concentrarsi (la chiamata appena ricevuta dal Comando Centrale l’aveva proprio scosso).
C’era un piccolo calendario perpetuo sulla sua scrivania, di quelli di metallo; quelli dove potevi sempre sapere la corrispondenza giorno-mese-anno attraverso un sistema di buchi e piroli.
Beh, in realtà il tempo che serviva per interpretarlo e tenerlo sempre aggiornato era maggiore del guadagno: quindi questo lo candidava al ruolo di “oggetto spappamente” (così l’incredibile Gianni Nuvola chiamava i “passatempo”).
Giusto il tempo di allinearlo e… era il 25 aprile!
Questo il calendario perpetuo non lo diceva, ma lui sapeva che era l’anniversario della liberazione d’Italia. Era una di quelle ricorrenze che aveva fatto fatica a capire, veramente.
E senza polemica. Un giorno pieno di simboli e del loro esatto contrario.
Il problema delle bandiere, dei canti, dei gesti è che non sono univoci: ogni persona li “riempie” della propria cultura, della propria sensibilità, dei propri sogni. Sì, è vero, i simboli uniscono. Ma uniscono, perché, da qualche parte, dividono anche.
L’incredibile Gianni Nuvola cercava sempre di essere attento a non anteporre il simbolo alle persone. Per lui il 25 aprile era stato:
– la “festa della Liberazione o della Resistenza”, da piccolo;
– “la festa dei comunisti”, da ragazzo;
– “un’ottima occasione per non lavorare” da giovane;
– Ma, da adulto, la vedeva come l’occasione migliore per riflettere sull’importanza del concetto di “libertà”.
Sai, un oggetto è sempre molto più complesso di come possiamo immaginarlo, e ha molte, bellissime, sfaccettature e sfumature; tante almeno quante sono le persone che lo osservano.
I simboli non hanno questa pretesa di complessità, perché ambiscono a essere univoci. Ma univoci non saranno mai.
Saranno sempre complessi e ognuno è quindi legittimato a poterlo interpretare, liberamente.
Sì, liberamente. Oggi.
Perché ci son state delle epoche in cui, certamente, non era così.
Libertà è sicuramente accettazione della complessità.
E dialogo.
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 18)
Erano passati i 10 minuti più lunghi della sua vita. E non ne sapeva neanche il perché; sembravano due settimane. Sai, il cervello dell’incredibile Gianni Nuvola funzionava così: le associazioni tra pensieri si generavano automaticamente e in maniera incontrollata. Il tempo sembrava fermarsi e scorrere più veloce che mai. Era questo che lo metteva sempre in conflitto con il mondo degli informatici e dell’informatica “vecchio stampo”; quell’informatica costruita dal pragmatismo capitalizzante degli americani che riducevano tutto alle leggi base dello scorrimento della corrente elettrica.
1 e 0 Acceso e Spento
Il mondo non era così. Non c’era un acceso e uno spento che potessero rendere il mondo giusto o sbagliato.
Sì: “giusto” o “sbagliato”…
Come si poteva ridurre il mondo a due etichette etiche, definite da non si sa che cosa, così nette. Eppure uccidere è sbagliato. Aiutare chi è in difficoltà sembra, il più delle volte, giusto.Lui, l’incredibile Gianni Nuvola, inseguiva sempre la voce della dialettica che gli faceva scovare lo sbagliato nel giusto e il giusto che c’era nello sbagliato.La dialettica è forse quello che gli informatici chiamano “processo iterativo”. Che può diventare anche un “processo iterativo infinito”.
“Ripeti 1+1 finché il risultato sarà 1”
Questo in informatica è errore. Molti anni fa mandava anche in tilt i calcolatori.
Come sono distanti questi mondi! Scienze umane e informatica…
…Brrriiin…
Il campanello suonò. Era la porta di casa.
Chi poteva essere?
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 19)
L’incredibile Gianni Nuvola era uno di quelli che ricordano i sogni; nei dettagli più piccoli, anche insignificanti. Se solo se avesse potuto raccontare uno dei suoi sogni senza vincoli di tempo poteva impiegare anche un intero giorno.
Che cosa curiosa…si sogna circa 15 minuti ogni notte, sembra di aver vissuto qualche ora d’esperienza e per raccontarla ci vuole anche un giorno.
Serviva quindi qualche complicata equazione per dimostrare che anche il tempo è relativo?
Classificava i suoi sogni in 3 categorie:
I sogni fondamentali erano quei sogni che, ciclicamente, viveva sin da quando era piccolo. E non cambiavano mai. Erano iniziati come incubi ma, crescendo, li aveva “controllati” e ora li viveva sia da spettatore e protagonista. Ce n’era uno in particolare che l’aveva sempre colpito. Era piccolo, 5 anni, e scendeva le sue lunghe scale di casa dove, alla fine, vicino il portone, trovava un vecchio frigorifero a colonna. Lì non c’era un frigorifero, ma questo non era il bello; non appena il piccolo Gianni Nuvola si avvicinava al frigo, dal freezer, usciva una strega che lo prendeva per la collottola del grembiule di scuola e lo portava dentro. Dentro dove si schiudeva un mondo perturbante, inquietante, ma affascinante. Nel momento in cui l’incredibile Gianni Nuova aveva imparato a “controllare” questo sogno, crescendo, il sogno aveva iniziato a cambiare. E lui non voleva che il sogno cambiasse.
Quindi, ora, quel sogno lo riviveva da adulto e ne ripercorreva i passi come avrebbe fatto un regista meticoloso con una perfetta sceneggiatura sotto mano. Rimetteva a posto i dettagli che potevano cambiare: controllava che la strega fosse ancora lì salutandola prima di avviare il sogno, aggiustava la luce delle scale, creava la giusta atmosfera, spolverava la parte superiore del vecchio frigorifero.Quando tutto era poi pronto saliva veloce le 5 rampe di scale, a 3 a 3, andava davanti il portone di legno e bussava con vigore. Era ora di chiamare il suo io-bambino, che viveva ancora lì. Era ora di fargli rivivere quel sogno, ancora una volta.
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 20)
L’Incredibile Gianni Nuvola ascoltava molta musica. E variava anche molto spesso tra i generi. Ma non ascoltava di tutto. C’erano delle cose che proprio non sopportava. E c’erano cose che amava.
Erano le fisse: c’era quella prima di entrare in doccia, quella prima della camminata al mare, quella prima di dover sostenere una prova, quella che somigliava a una carezza quando si sentiva solo.
Lui non capiva troppo di musica, ma ne sentiva l’energia, più di ogni altra cosa. E, sopratutto, l’Incredibile Gianni Nuvola riusciva a capire le canzoni che dovevano essere condivise con qualcuno.
Sì, perché ogni canzone vuol dire qualcosa. Ogni canzone è come quella brezza che nei film romantici fa avvicinare i due protagonisti innamorati, che mai si sarebbero sfiorati senza un’azione esterna.
Non sempre quella brezza veniva compresa: c’è chi le canzoni non le ascolta, chi pensa di averle capite sin dal titolo, chi le salta veloci che neanche fossero delle lezioni di Diritto Civile.
Ma poi trovi chi le ascolta. E lo senti.
Senti che quella brezza ti prende la schiena e ti sfiora le braccia; senti il suo profumo che si mescola un po’ al tuo; ti sorprende come un cambio di temperatura.
Ascoltare una canzone condivisa è vivere insieme un pezzo di vita: o vissuta o che verrà.
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 21)
Le mani nere con quel buonissimo odore.
Così l’Incredibile Gianni Nuvola ricordava i suoi pomeriggi d’infanzia. È strano, non trovi?
A volte delle cose apparentemente insignificanti assumono un significato così grande. Magari per tutta la vita.
L’Incredibile Gianni Nuvola non era di certo un bambino che aveva lavorato. No! Ma aveva le mani nere per via dei pinoli. Sì, i pinoli ancora dentro il guscio.
Li raccoglieva avidamente, uno per uno, per poi romperli con dei sassi raccolti lì di fortuna. I migliori erano quelli non perfettamente lisci; perché si impugnavano meglio e sembravano schiacciare perfettamente il guscio nero, aiutato dal largo bordo della vecchia fontana. E quell’odore?
Gli odori (non è un mistero) si imprimono nella memoria con più forza di ogni altra cosa. Ma serve che qualcuno, nel futuro, sia disposto a farteli ascoltare. Oppure che te li racconti.
L’Incredibile Gianni Nuvola aveva notato come spesso non molti badano agli odori, specialmente se fumatori. Questa è davvero la cosa più grande che può toglierci il fumo. Raccontarsi un odore è una delle cose più intime e complesse della nostra esistenza. E quell’odore era lavanda.
Lavanda e pinoli. Uno strano abbinamento.
D’altronde la vita è così: un susseguirsi di strani abbinamenti a cui siamo chiamati a dar senso. Magari possiamo anche affezionarci a loro.
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(L’incredibile Gianni Nuvola, 22)
Si sentiva come le 200 lire. Ve le ricordate? Molti di voi non le avranno neppure viste. Una moneta sostanzialmente molto differente dalle altre; per colore, dimensione e decorazioni. Uno stile un po’ retrò, ma subito identificabile.
Un taglio intermedio tra le piccole monete che non risultava per nulla comodo per nessun tipo di pagamento.
Eppure, l’Incredibile Gianni Nuvola, quando pensava alle lire, pensava alle 200 lire.
Erano quei 4 pacchetti di Goleador che ci comprava da bambino, quelle due gomme da masticare da condividere con un amico. Quel soldo che dovevi accumulare per comprare un pacchetto di patatine. Quello che andava anche bene per il cestello delle offerte che la domenica passava in chiesa.
Quel colore era anche legato a un odore (o forse un’impressione di odore) ferroso e sporco. Quello che sentivi nei bauli dei pirati che, molto probabilmente, ne contenevano a centinaia. Quei pirati che ora appaiono forse così poveri, ma così vicini.
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(L’Incredibile Gianni Nuvola, 23)
“I CARINI NON MUOIONO”
Ricordava questa scritta su quel piccolo sottopasso che serviva per arrivare al mare. Sì, perché difficilmente si dimenticano le prime parole lette: “WC”, “Lunedì”, “Philips”, “Biancaneve”.
In quella strettoia ci si passava davvero male e sempre a rischio di carteggiata muro-automobile.
Però era la parte più bella del mare: attendere il segnale, tirare la testa di fuori, chiudere gli specchietti retrovisori, aspettare, attendere ancora il segnale e riaprire gli specchietti.
All’epoca non si indossavano sempre le cinture di sicurezza (oggi all’Incredibile Gianni Nuvola appare davvero come una cosa folle), ma tant’era. E tanto bastava per avere quella mobilità di busto che gli permetteva di leggere la scritta.
Ma cosa significava?
Per tutta la vita l’Incredibile Gianni Nuvola pensava che “Carini” fosse un cognome di una dinastia, o un nome di una tifoseria particolarmente agguerrita.
Passando gli anni, passando i pensieri, le sue fantasie diventarono sempre meno concrete e più speculative.
E se “quei carini” fossero veramente persone carine? Persone in grado di compiere atti d’amore concreto, eleganti, attenti al prossimo e, magari, esteticamente curati?
Forse non era una scritta di guerra, ma un invito a cercare qualcosa di più di ciò che è su questa terra, di ciò che necessariamente muore.
Che bello poter imparare uno degli insegnamenti più profondi della tua vita così, senza che te ne accorgi e mentre sei impegnato a chiudere gli specchietti dell’automobile.
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(L’Incredibile Gianni Nuvola, 24)
Non so se vi è mai capitato. Però l’Incredibile Gianni Nuvola prima di pagare un semplice caffè al bar si trovava sempre molto in difficoltà. Sì perché, almeno dalle sue parti, il caffè costava al massimo un euro. Era una convenzione. Quindi, mentre bevevi, già preparavi la moneta sul bancone.
Quindi, spesso, chiedere anche solo il costo del caffè risultava abbastanza sconveniente.
Vuoi dimostrare di avere i soldi contati?
Vuoi dar dimostrazione del fatto che non sei stato mai in quel bar?
E se il caffè, all’improvviso, arrivasse a costare più di un euro?
L’Incredibile Gianni Nuvola non voleva far sentire in difficoltà il barista che, di solito, lo accoglieva come fosse un amico.
E pensava fosse un segno di eleganza preparare prima l’importo giusto o, meglio, un importo compatibile con una consumazione rapida, informale e amicale; come quella di un caffè.
Quindi, nella sua rinomata paranoia, preparava sempre la moneta da due euro.
E aveva sempre il portafogli pieno di monete da un euro. Che erano ciò che rimaneva di tutti questi convenevoli, chiamati “un caffè, per favore”.
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(L’Incredibile Gianni Nuvola, 25)
La cosa che più a lungo si conserva nei bar è il modo di esporre le caramelle.
Questa cosa era sempre sembrata molto strana all’Incredibile Gianni Nuvola.
Sì perché, come bene saprai, i principali consumatori di caramelle sono bambini e bambine. E i bambini non rimangono bambini molto a lungo. 5 anni e sono già ragazzi e ragazze; un altro attimo e sono subito adolescenti. E adulti.
I bambini cambiano, velocemente. E velocemente cambiamo i bambini.
Ma gli espositori di caramelle no. E neanche le caramelle.
Stessi nomi, stessa carta, stesse forme, stessi gusti. Quando cambiano, spesso, cambiano solo nelle dimensioni, o nella quantità di zuccheri contenuta. Ogni tanto vanno via ma poi, per qualche ragione, ritornano.
Cosí, molto spesso, gli espositori delle caramelle sono gli ultimi a cambiare nei bar. Li vedi solo da un po’ più in alto, e li guardi sentendo già in bocca quella salivazione saporita, dolciastra e amica.
Forse i bambini rimangono bambini per tutto il tempo degli espositori delle caramelle.
Ah…il prezzo cambia; ma questo lo sanno solo gli adulti.
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(L’Incredibile Gianni Nuvola, 26)
Era 31 Dicembre del 2020 e dalla finestra della sua camera scorgeva la punta l’albero di Natale del suo paesino. Negli anni se ne ricordava di tutti i tipi: dai più creativi ai più arrabattati. Ne ricordava qualcuno veramente kitsch, e altri orribili! Qualcuno meraviglioso, anche se con fatto con poco. Ora che ci pensava meglio…erano proprio quelli fatti con poco a essere i più belli!
L’Incredibile Gianni Nuvola pensava curiosa una tale differenza di esiti a partire dal lavoro di gruppo delle stesse persone: forse dipendeva tutto dall’iniziativa presa dai singoli, dai materiali reperiti o donati, dal tempo – concesso dalla vita di ognuno – messo a disposizione della collettività. In tutti quegli anni non aveva dato per scontato quel pezzettino d’albero che poteva vivere dalla propria finestra. E così, come per l’albero, Gianni sapeva che gli anni subivano la stessa sorte: qualcuno era fatto con poco e bene, qualche altro con troppo e male. A volte fatti dai gesti delle persone e, altre volte, semplicemente da accadimenti fortuiti. Belli, mediocri e terribili. A Gianni, per questo motivo, non sembrava giusto festeggiare tutti gli anni e, soprattutto, festeggiarli alla stessa maniera. Alcuni richiedono gioia, altri baccano. Qualcuno richiede rispetto, contemplazione. Altri semplicemente comprensione.
La morale non cambia: in quest’anno disgraziato l’Incredibile Gianni Nuvola si sentiva fortunato di aver goduto di un altro pezzettino di tempo da vivere, anche se solo dalla sua finestra. Come per l’albero del paesello.
Quindi fece la sua scelta di rispettare l’uscita di scena di questo 2020.
A volte è semplicemente bello festeggiare la vita col dono del silenzio.
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(L’Incredibile Gianni Nuvola, 27, speciale Capodanno 2020)
Non capiva perché c’erano tutti quei fiori finti lungo la via. Sui cancelli, tra le ringhiere, sui balconi…persino tra i fiori veri!
Erano creati di carta leggerissima e leggermente colorata, tenuta insieme da un pezzettino di fil di ferro verde che fungeva anche da finissimo stelo. In alcuni periodi dell’anno la via fioriva di queste piccole creazioni. Fiorire “per finta”, non suona anche a voi un po’ ridicolo?
L’incredibile Gianni Nuvola era tanto affascinato quanto distante da questo modo: tutte le volte guardava i “fiori”da vicino cercando di capire cosa ci fosse dietro di così bello. Forse ancora tuttora non l’ha compreso pienamente.
Magari andavano oltre la decorazione, andavano oltre l’evento, andavano oltre la tecnica ed il passatempo.
Beh, forse ci vuole tanta fortuna a trovare simboli in cui esseri umani che vivono vicini possono riconoscersi. E possono anche costruirli, insieme, per rendere tutto un po’ più bello.
In fin dei conti, qual è il confine tra ciò che è vero e ciò che è finto?
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(L’Incredibile Gianni Nuvola, 28)
Ogni volta che vedeva una gomma consumata, la guardava e pensava: “quella deve essere la mia gomma!”.
Capita anche a voi?
Sembra un déjà vu strano, quello della gomma consumata.
All’Incredibile Gianni Nuvola sembrava particolarmente assurda come cosa; anche perché ognuno consuma la gomma per parole diverse, per disegni diversi, con materiali diversi, su colori diversi, impugnandola in modi diversi. Ecco, però…però le gomme consumate sono tutte così uguali.
Gli sembrava così stupido fare questi pensieri su una gomma sporca! Però non riusciva a togliere l’attenzione da quella forma imprevedibile, da quei colori confusi, dalla calma apparente di quell’oggetto. Così comune e così unico.
Quante gomme aveva visto nella sua vita? C’erano quelle bianche morbide, quelle bicolore che sporcano di blu, quelle “a rotella” (ma poi, che sensazione strana è quando mordi la parte blu della gomma?!?). E sono consumate magari tanto, ma magari anche poco.
Ma quante gomme aveva avuto, proprio sue, durante la sua vita? All’Incredibile Gianni Nuvola sembravano tante, ma forse non erano poi molte…
Ne aveva tenute in mano diverse fino a quando non sono letteralmente “sparite”. Sì, perché le gomme spariscono mentre fanno ciò che devono fare: cancellare.
Tutte portano il tratto del lavoro che le ha consumate.
Tutte, prima o poi, spariscono.
Tutte, uguali, le riconosci come tue.
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(L’Incredibile Gianni Nuvola, 29, speciale ringraziamenti compleanno)
…Briiin…
Il campanello suonò una seconda volta. Poi una terza; più a lungo.
…Briiiiiin…
Ci vuol coraggio, oggi, ad aprire la porta, specialmente per quanto riguarda una persona come L’incredibile Gianni Nuvola. Fuori potrebbe esserci il corriere Amazon, qualcuno Capo del progetto dietro il fascicolo Torvald.
Gianni stava riflettendo da un po’ su quanto fosse importante cercare una “trama”, un “filo rosso” che abbracciasse la sua vita, il suo lavoro, la sua attvitià parallela, ma non capiva.
C’era qualcosa di vero e qualcosa di finto in lui, e nella sua vita. Non sempre però si capiva quale delle due era la migliore “trama” da presentare agli altri.
Ci sono tante cose che non si sanno spiegare, tante cose che non si possono dire, molte altre che non si sanno dire. Così diventiamo simboli e inventiamo storie che siamo costretti a interrompere sul più bello.
Hey, cosa pensi?! Tutto questo non perché non avesse la fantasia per continuare la sua storia, ma semplicemente perché era privo di “metodo” (o meglio, voleva evitarlo QUEL metodo) che permetteva di terminare le cose.
“Le cose concluse finiscono”
“Non puoi essere padrone del tempo”
“Non puoi essere qualcosa che non puoi essere”
(Frasi abbastanza banali, ma d’altronde i pensieri – se esplicitati – spesso sono così: semplici).
Ricordava una frase, forse della sua amica più “vera”; quella che non aveva dovuto inventare: “Tu sei finto, ma non nel senso negativo del termine…”
Gianni sapeva che lei aveva ragione, sin dai tempi di MSN.
…Briiiiin….
Fuori dal campanello forse c’era C-17. Facilmente c’era C-17. Sicuramente c’era C-17.
La trama era tutta lì, e a completarla era il suo controller. Erano una coppia perfetta; tutti lo dicevano.
…Briiiiiiiiin…
Il dito sul campanello si faceva sempre più pesante, ma non in maniera minacciosa; bensì caritatevole.
C-17 voleva aiutarlo, voleva riportarlo a ciò che sapeva fare meglio. A ciò che DOVEVA fare.
Finire una storia. Una trama che aveva iniziato anni prima, nel 1995. Una trama che aveva attraversato una pandemìa, diverse guerre, tante amicizie, tante delusioni.
Una trama promettente, che abbracciava storie incredibili che fornivano un contesto magnifico a una carriera splendida.
I controller però non capivano. Gli operativi erano diversi. Le storie non erano il contesto, non erano l’atmosfera dove far svolgere algoritmiche relazioni; le storie erano la vita degli operativi.
E le storie terminano semplicemente quando chi scrive si annoia di raccontarle.
…
Il campanello continuò a squillare ancora per giorni. Divenne prima rumore, poi musica, poi contesto.
Forse il campanello divenne una storia nella storia.
Smise di suonare alle 8:06 dell’11 aprile 2022.
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(L’Incredibile Gianni Nuvola, 30, fine prima stagione)